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Paolo Zelati

Essays

IL PRESAGIO: ALLE ORIGINI DI UN FILM CULT

Approfondimento pubblicato su Horror Mania

Fu Rosemary’s Baby, nel 1969, a dare il via negli Stati Uniti ad una vera e propria mania per il Diavolo. Evento questo che, da un punto di vista cinematografico, si manifestò sotto forma del “filone demoniaco”. Ma il film di Polanski non era un fenomeno isolato: mentre Charles Manson e la sua Family (che da lì a poco avrebbero ammazzato proprio Sharon Tate, la moglie del regista polacco) già cominciavano a farsi notare, “La Bibbia di Satana” di Anton LaVey vendeva, nel paese, un incredibile numero di copie. La paura del satanismo, per contro, spinse la gente a ritornare in Chiesa e le vendite della Bibbia, per la prima volta in trent’anni, raddoppiarono. Nel 1971 l’ex sacerdote William Peter Blatty scrisse “L’esorcista” che in poco tempo divenne subito un best-seller; due anni più tardi il regista William Friedkin realizzò l’omonimo film destinato ad entrare nella storia del cinema. Il Diavolo in persona aveva posato il suo sguardo su Hollywood, con l’intenzione di non ritirarsi tanto facilmente.

Dopo poco tempo dall’uscita del film di Friedkin, a Robert Munger, pubblicitario, Christian Reborn e studioso della Bibbia, venne in mente che l’Anticristo sarebbe potuto tornare sulla terra nei panni di un bambino per cercare di cambiare le sorti del mondo. Convinto che l’idea avrebbe potuto funzionare ad Hollywood, Munger ne parlò al suo amico produttore Harvey Bernhard il quale, entusiasta, ingaggiò lo sceneggiatore David Seltzer che, basandosi essenzialmente sul Libro dell’Apocalisse, scrisse una sceneggiatura in 6 settimane intitolandola The Anti-Christ. Dopo essere stato rifiutato da tutti i più grandi Studi, la sceneggiatura venne opzionata dalla Warner Bros che però fece scadere i diritti (valevoli un anno) preferendo dedicarsi a L’esorcista 2 – l’eretico. Quando ormai sembrava che il film fosse destinato a non essere realizzato, il copione venne spedito al regista Richard Donner il quale lo sottopose all’attenzione dell’amico Alan Ladd Jr, capo Produzione della Twenty Century Fox; Ladd accettò di produrre il film a patto che lo script venisse “asciugato” da tutti gli elementi barocchi e ridondanti. Seltzer, quindi, diede contemporaneità alla storia rendendola più plausibile (vennero tolti gli accenni alle streghe, alle creature con gli zoccoli, ecc.) e la ambientò in Inghilterra (al posto della Svizzera originaria) perché, come afferma lo stesso sceneggiatore abbastanza incredibilmente nel documentario The Omen Revealed “avevo voglia di passar un po’ di tempo da quelle parte e in questo modo potevo viaggiare gratis”. Il ruolo del diplomatico Robert Thorn (il nome deriva da un parlamentare dell’epoca chiamato Jeremy Thorpe) venne offerto nell’ordine a Charlton Heaston, Roy Schader e William Holden, i quali rifiutarono; così la produzione pensò a Gregory Peck che invece accettò. L’ingaggio del grande attore hollywoodiano diede valore e credibilità all’intera operazione consentendo ai produttori di completare il cast con nomi del calibro di Lee Remick, David Warner e Billie Whitelaw. Ma il ruolo più importante e delicato riguardava il piccolo protagonista Damien: per trovarlo Donner organizzò dei provini dove chiedeva ai piccoli attori di aggredirlo per testarne l’aggressività. Quando toccò al piccolo Harvey Stephens, questo si avventò sul regista colpendolo con un potente calcio nelle parti basse, seguito da una vera e propria furia omicida: Donner, liberandosi a fatica dal piccolo, chiamò il suo assistente e disse: “Tingetegli i capelli di nero: lui sarà l’Anticristo!”. Le riprese del film, che nel frattempo venne chiamato The Birth Mark, iniziarono ufficialmente nell’ottobre del 1975 ai Pinewoood Studios di Londra.

Il film, realizzato col modesto budget di 2,5 milioni di dollari, vive i suoi momenti migliori in alcune scene diventate, a ragione, di culto. Nella famosa scena dello zoo, Donner, per fare si che i babbuini aggredissero la macchina di Damien e sua madre, “rapì” il capobranco e lo chiuse nel bagagliaio della macchina: in pochi secondi la vettura fu ricoperta da scimmie urlanti e furiose e l’orrore dipinto sul volto di Lee Remick è tutt’altro che simulato. Un altro aneddoto divertente riguarda la famosa sequenza del cimitero di Cerveteri, difficile da realizzare perché i cani rottweiler che avrebbero dovuto aggredire Peck e Warner, in realtà erano timidissimi e passavano il loro tempo a giocare e a copulare tra loro: tanta pazienza, carne nascosta addosso agli attori e l’aiuto degli addestratori hanno reso possibile la scena così come ce la ricordiamo. Prima che il film venisse distribuito (con il nuovo titolo The Omen), Alan Ladd Jr suggerì a Donner che Damien non sarebbe dovuto morire insieme al padre (come nella sequenza che era già stata realizzata); il regista si dimostrò entusiasta dell’idea e girò uno shoot supplementare in cui il piccolo, vivo e vegeto, assiste al funerale dei genitori per poi guardare in camera con un sorriso diabolico (che non era stato progettato!). La lavorazione cessò ufficialmente nel febbraio 1976 e The Omen, dopo una geniale campagna di marketing mirata a suscitare l’attesa, venne lanciato nei cinema il 6 – 6 -1976 (il libro dell’Apocalisse cita il 666 come simbolo del Male supremo) e, durante il primo week-end, incassò la cifra record di 4,5 milioni di $. I teologi americani lodarono il film perché, secondo loro, spingeva la gente a leggere la Bibbia, tanto che la troupe di The Omen venne persino premiata dalla Graduate School of Theology of California; alcuni gruppi cristiani, invece, lo accusarono di blasfemia. Comunque sia, alla fine del 1977, il film di Richard Donner aveva già incassato in tutto il mondo la bellezza di 70 milioni di $; tutto questo denaro contribuì a sanare il bilancio della Fox e a finanziare altri progetti che altrimenti non sarebbero mai stati realizzati. Tra questi, un piccolo film di fantascienza che si sarebbe chiamato Guerre Stellari; che Lucas abbia fatto un patto col Diavolo?!

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