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Paolo Zelati

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CHRISTOPHER LEE MI RACCONTA IL SUO RAPPORTO CON DRACULA E...TANTO ALTRO

Intervista pubblicata su Horror Mania, Novembre 2006

Mr Lee, le non ama molto parlare di Dracula: posso chiederle il perché?

Perché è una cosa legata al mio passato; sono passati tantissimi anni da quando ho interpretato quel ruolo e non mi sembra più così interessante. Per me rimane sempre una cosa molto importante perché sono diventato famoso con quel ruolo, però ormai si parla di preistoria. Sono stati fatti tanti film su Dracula, alcuni dei quali bellissimi della Universal con Bela Lugosi e poi la Hammer ne ha fatti qualcuno insieme a me, però non così tanti! Ieri un giornale ha scritto che io avrei interpretato Dracula 11 volte, un altro ha scritto che avrei interpretato una parodia di quel ruolo: non è assolutamente vero! Spesso i giornalisti non si informano e questo mi da fastidio. Comunque non capisco perché la gente ancora continui ad identificarmi con quel personaggio…

Probabilmente perché lei è stato il primo Dracula a colori, i denti aguzzi etc…una vera icona!

Sì però non ho mai interpretato il personaggio correttamente, nessuno lo ha mai fatto…

In che senso?

In modo filologicamente corretto rispetto al libro di Bram Stocker. Nemmeno la versione di Coppola rispetta il libro, presentendo Dracula esattamente come viene descritto nel romanzo. Nel film che ho interpretato diretto da Jess Franco ci siamo andati vicino, perlomeno da un punto di vista iconografico, però il film non è un granché. All’epoca mi sono battuto a lungo con i capi della Hammer affinché portassero in scena il libro così com’era, però non sono riuscito a convincerli; probabilmente perché sarebbe stato troppo costoso.

Eppure i suoi primi due film di Dracula li ha diretti un grande come Terence Fisher…

E’ vero, ma ti devo raccontare una cosa: la prima volta che ho interpretato Dracula era il 1957, il secondo film, Dracula: il principe delle tenebre l’ho fatto nel 1965, quindi con una pausa di ben otto anni. Già in questo secondo film, le battute che avrei dovuto pronunciare erano talmente brutte che, mi sono rifiutato di dirle e ho interpretato un personaggio quasi muto…poi hanno cominciato ad offrirmi altri film con Dracula ma io rifiutavo sistematicamente. Un giorno Carreras (il capo della Hammer, n.d.r.) mi ha supplicato in ginocchio dicendomi che aveva già venduto i film all’estero con il mio nome dentro; io però gli ho risposto che non avevo nessuna intenzione di interpretare ancora Dracula. A quel punto lui ha giocato sporco e mi ha detto: “Se tu non li fai, tutta le gente che ho assunto rimarrà senza lavoro. Te la senti di assumerti questa responsabilità?”. Così, ho accettato: ma è stata l’unica ragione! Di sicuro non è stato per i soldi…considera che per il primo Dracula venni pagato 750 sterline! Qualcuno una volta mia ha chiesto: “Qual è la differenza tra i tuoi film di Dracula e quello di Coppola?” e io ho risposto: “Forse 50 milioni di dollari?!”.

Un altro grande personaggio che ha interpretato è il Conte Doku in “Guerre Stellari”:come si è trovato a lavorare con George Lucas, un regista molto attento al lato tecnologico del suo cinema e un po’ meno alla performance degli attori?

Io mi sono trovato molto bene. E non accetto questa cosa che si dice di Lucas; credo che sia un’altra diceria messa in giro dalla stampa: come potrebbe fare film e non interessarsi agli attori?! Nei due film di Guerre stellari che ho interpretato, quasi tutto il lavoro è stato fatto utilizzando il blue screen e poi montato con l’uso del CGI: incredibile! Una cosa veramente geniale. Sono andato anche nei laboratori di post-produzione di San Francisco dove hanno tentato si spiegarmi qualche procedimento…però non ho capito nulla perché io non possiedo nemmeno il computer!

Come si è trovato a recitare tutte le scene davanti al blue screen, senza interagire con nessuno?

Non ho avuto particolari problemi. Per lavorare in queste condizioni, l’unica cosa che devi possedere è una forte immaginazione, così, anche se non vedi gli attori con i quali devi interagire, puoi immaginarteli e recitare di conseguenza. L’esempio migliore è la scena di Episodio II quando combatto con Yoda: ovviamente sul set ero da solo e ho dovuto visualizzare nella mia mente tutta la sequenza. Io credo che senza immaginazione non si possa diventare un buon attore.

Tra tutti i personaggi che ha interpretato, qual è quello che preferisce?

Il mio miglior ruolo è anche legato al miglior film che io abbia mai interpretato: The Wicker Man, un film meraviglioso. Poi nel 1997 ho interpretato Mohammed Ali Jinnah, il fondatore del Pakistan, nel film Jinnah: ho passato in Pakistan 6 settimane ed è stata un’esperienza stupenda. Jinnah è il film più importante che abbia mai fatto, mentre quello più di successo è stata sicuramente la trilogia di Il signore degli anelli che ha già incassato la bellezza di 4 bilioni di dollari

Parlando di “Il signore degli anelli”, so che lei si è arrabbiato con Peter Jackson per essere stato tagliato da “Il ritorno del Re”…

Più che arrabbiato sono rimasto deluso e confuso dallo scoprire che il confronto finale tra Saruman e i componenti della Compagnia dell’Anello era stato escluso dal film. Io credo che quelle scene fossero essenziali alla storia raccontata; non ne ho mai fatto una questione di vanità, ero solo preoccupato per la storia. Quando il film è uscito, milioni di fan hanno invaso i forum su Internet lamentandosi per quella omissione da parte di Jackson. Io capisco che in un film così lungo e complesso, molte cose debbano essere tagliate, però è un peccato che la mia scena sia presente solo nella Extended Version in dvd.

Cosa si ricorda dell’esperienza vissuta durante le riprese di “The Wicker Man”?

E’ stato un periodo meraviglioso. Eravamo in Scozia, nel mese di novembre e c’era così freddo che abbiamo dovuto collocare dei fiori finti sugli alberi. Esiste un grande mistero intorno a questo film: la prima volta che ci hanno mostrato il film completo mi sono accorto che mancavano un sacco di scene, alcune delle quali molto importanti. Così ho voluto parlare con lo scrittore Anthony Schaffer, il regista Robin Hardy e il produttore Peter Snell e ho chiesto loro: “Perché avete tagliato il film così tanto? Rimane comunque una bellissima opera, ma non è il film che abbiamo fatto!”; non ho mai saputo era successo, nemmeno la Director’s cut successiva è completa. Io credo, ma potrei sbagliarmi, che il negativo originale esista ancora…da qualche parte.

Come mai, secondo lei, “The Wicker Man” è un film così amato?

Perché è magico: nessuno aveva mai visto un film così prima di allora. Infatti rimane, ancora oggi, uno dei migliori film britannici mai realizzati. Il centro del film è composto dallo scontro tra le religioni organizzate e il paganesimo, e molte delle cose che io dico nel film, prese fuori contesto, potrebbero essere tacciate di blasfemia. Però, quando abbiamo mostrato The Wicker Man ai rappresentanti delle varie religioni nessuno si è offeso, anzi, hanno compreso le mie battute contestualizzandole con il personaggio.

Cosa si ricorda dell’ultima, famosissima, scena del film?

Fu molto difficile realizzarla, proprio perché, avendo una sola possibilità non potevamo sbagliare: era molto freddo e quando abbiamo appiccato il fuoco al pupazzo di paglia, la testa si è staccata e, esattamente dietro è comparso il sole, completamente inaspettato. Certe volte al cinema ci vuole fortuna.

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