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Paolo Zelati

Recensioni

L'ALBA DEL GIORNO DOPO

Recensione pubblicato su Il Mucchio Selvaggio nel Maggio 2004

Durante gli anni Cinquanta i cittadini americani erano costantemente alle prese con la paura di una guerra nucleare che avrebbe distrutto tutto quello che la nascente filosofia dell’American Dream stava cominciando a promettere e reclamizzare come “i sani ed indipendenti valori della cultura americana”. Questo pesante clima di tensione si rifletteva con grande efficacia nel cinema di fantascienza che, spesso, veicolava un messaggio nazionalista quando non propriamente maccartista. Successivamente, negli anni Settanta, uno dei momenti più confusamente instabili della storia statunitense (Watergate, Vietnam, ecc.), ragni giganti e formiche assassine vengono sostituiti da riflessioni meno fantastiche e molto più attuali, e sempre più spesso volte ad esplorare delle sciagure indirettamente causate da un’ecologia violentata che, di conseguenza, si ribella per “punire” i responsabili. La minaccia più tremenda è sempre costituita da un fattore reale che può colpire in qualsiasi istante e l’elemento fantastico è rappresentato dalla attuazione di questa minaccia (Terremoto, 1978; Meteor, 1979).

Detto ciò non è il caso di stupirsi se proprio negli ultimi anni in cui minacce terroriste e notizie sempre più allarmanti sulla salute del pianeta terra hanno turbato i nostri sonni, il filone del cinema catastrofico abbia trovato nuova linfa. E’ invece il caso di stupirsi quando a realizzare il più affascinante e riuscito disaster-movie degli ultimi anni è un regista mediocre ed addomesticato come Roland Emmerich, il quale con L’alba del giorno dopo rinuncia all’ironia cialtrona di Independence Day e al gigantismo futile di Godzilla e restituisce al genere la sua piena funzione di “cinema di coscienza nazional-popolare”. A causa dello scioglimento dei ghiacci polari il clima del globo cambia rapidamente fino a portare il mondo (e non solo gli Stati Uniti come smargiasso simbolo mondiale come accadeva con l’invasione aliena di ID) sulle soglie di una nuova glaciazione e al climatologo Dennis Quaid non resta che aiutare il Presidente a salvare il salvabile. Intanto chicchi di grandine grossi come meloni devastano Tokyo, l’India è innevata e in Scozia si muore assiderati. In due indimenticabili sequenze (tra le più suggestive viste ultimamente) Los Angeles viene distrutta da un letale gruppo di giganteschi tornado, mentre sull’altra costa, l’isola di Manhattan è allagata da un’immensa inondazione. Ottimi effetti speciali, frecciatine anti-Bush, alcune trovate geniali (la contro emigrazione degli americani in Messico!) e un cast all’altezza portano il film all’inevitabile (ma non stucchevole) happy end. Un’esperienza catartica da non perdere.

VOTO 8

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