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Paolo Zelati

Saggi

LA COSA: MUTAZIONI ED EFFETTI SPECIALI

Approfondimento pubblicato su Horror Mania

Durante gli anni Ottanta il conflitto da sempre presente nel cinema fantastico ed horror tra vedere e non vedere, o meglio tra mostrare o non mostrare, viene superato con la netta vittoria del voyeurismo grandguignolesco offerto da un nutrito gruppo di registi visionari e, soprattutto, dai grandi artigiani dell’effetto speciale ante computer graphic (che nostalgia!). Il New Horror americano si è impadronito della lezione dell’iperrealismo e del cinema porno e ha inscenato il proprio show totale. Alla progressiva scomparsa di qualsiasi possibile limite, l’horror ha reagito allargando a dismisura la frontiera del “visibile”, ha colpito dritto allo stomaco e ha inscenato il caos, fornendone la rappresentazione in definitiva più realistica. Il cinema dell’orrore, in rapporto alle funzioni del corpo rappresentate nel cinema classico, è costretto ad assumere su di sé tutta la sua parte sporca, tabù, diventando così il simbolo del “rimosso corporale” e sdoganando alla visione il meno nobile interno del corpo umano (viscere, sangue, ossa). Il film manifesto di questa “rivoluzione corporale” è sicuramente La Cosa di John Carpenter, distribuito nell’estate del 1982 (insieme alla sua zuccherosa nemesi, E.T. di Spielberg) e destinato a cambiare per sempre le frontiere dell’effetto speciale.

Il progetto di realizzare un’altra versione di The Thing, dopo il film diretto nel 1951 Christian Nyby e Howard Hawks, prende forma nei primi mesi del 1975, quando Stuart Cohen, futuro coproduttore della pellicola, si entusiasma all’idea di vedere sullo schermo il vero racconto Who Goes There? di John W. Campbell (caratterizzato dalla mutazione dell’alieno e quindi dalla paranoia Maccartista del “chiunque può essere il nemico”). La svolta avviene nel 1978 col coinvolgimento nel progetto dello sceneggiatore Bill Lancaster e del regista John Carpenter che lavorano insieme con a disposizione un budget di 15 milioni di dollari. Per realizzare gli effetti speciali viene chiamato Rob Bottin, fortemente voluto da Carpenter dopo l’eccezionale lavoro svolto per L’ululato di Joe Dante e Monsters di Barbara Peters, senza trascurare l’ottima collaborazione avuta sul set di The Fog. Successivamente si unisce al gruppo il veterano supervisore agli effetti speciali Roy Abrogast (poi raggiunto anche da Stan Winston) il quale è incaricato di animare la meccanizzazione delle mostruosità inventate da Bottin dato che, a differenza dei vecchi horror film, le creature realizzate per The Thing non hanno mai necessitato di persone al loro interno. Bottin iniziò a lavorare al film nell’aprile del 1981 (terminando un anno e cinque settimane dopo) assistito da oltre quaranta fra illustratori, designers, scultori, pittori e tecnici degli effetti meccanici. Insieme a Mike Plooge e Mentor Huebner, Bottin cominciò a concepire le diverse forme della Cosa tramite disegni e modelli d’argilla. L’ispirazione arriva soprattutto dai fumetti horror E.C. degli anni Cinquanta e dalle riviste di fantascienza anni ’20, ’30 e ’40. Quando terminarono i modelli e gli storyboard, lo stesso Carpenter si dimostrò scettico nella possibile realizzazione di quelle straordinarie idee. Le varie manifestazioni della Cosa furono scolpite in argilla e poi trasferite in lattice di gomma. Il materiale supplementare utilizzato comprendeva: gomma da masticare, gelatina di frutta alla fragola, maionese, crema di granoturco, pastelli liquefatti e…trippa. Nel film vennero usati effetti di make-up con effetti meccanici applicati e viceversa. Qualsiasi effetto conosciuto all’epoca venne utilizzato dal geniale Bottin e dalla sua troupe: cavi, meccanismi pneumatici e idraulici, burattini, fili nascosti, meccanismi telecomandati (pensate alla “testa ragno”). Ogni mezzo è valido per raggiungere il risultato sperato: anche il tentare di utilizzare delle vere interiora per le sequenze delle autopsie. Bottin, infatti, aveva inizialmente pianificato di usare dei veri organi interni di animali acquistati da un mattatoio, ma vennero sostituiti con interiora artificiali dopo che il direttore di produzione se li era dimenticati sul set per una settimana, rendendo l’aria dello studio praticamente irrespirabile.

Per l’incredibile prima trasformazione del cane-mostro venne usato un cane vero che assunse la posizione nella quale fu poi sostituito da una perfetta riproduzione; Bottin utilizzò alla fine 15 cani meccanici per arrivare alla trasformazione definitiva. Per l’altra grande scena shock ( la trasformazione di Norris in una bocca dentata) Bottin costruì un duplicato dell’attore Charles Hallahan in fibra di vetro con una membrana in lattice di gomma che chiudeva il foro; all’interno un meccanismo a tagliola manovrato da un tecnico completava l’effetto. Per evitare una saturazione o semplicemente perché non funzionavano, vennero tagliate in fase di montaggio più di un terzo delle scene con effetti speciali; non hanno trovato posto due omaggi allusivi ad Halloween nel corso dell’esplorazione nelle base norvegese distrutta: la caduta improvvisa davanti alla macchina da presa di un corpo massacrato che cade dopo l’apertura di un armadio e la scoperta di un cadavere impalato per mezzo di un’asta. Nonostante l’incredibile lavoro svolto da Bottin (che viene anche ricoverato in ospedale per esaurimento nervoso) il “Make-up and Hair Stylist Union” contesta aspramente il suo lavoro sostenendo che non si tratta di make-up ma di “apparecchiature meccaniche e cose non vive” togliendogli la possibilità di essere nominato dall’Academy e di vincere, quindi, il meritatissimo Oscar nella sua categoria.

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