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Paolo Zelati

Interviste

GUILLERMO DEL TORO PARLA DELL'INIZIO DELLA SUA CARRIERA

Intervista pubblicata su Horror Mania, 2004

Cominciamo dall’inizio della tua carriera: come sei arrivato a realizzare “Cronos”?

Durante il corso di sceneggiatura, con il quale ho cominciato il mio “viaggio professionale”, ho iniziato a realizzare dei cortometraggi e, contemporaneamente ho scritto la storia di Cronos. In quel periodo mi divertivo anche con gli effetti speciali: ero un bravo illustratore più che uno scultore e per fare il mio primo film era importante che mi occupassi anche di questo aspetto della produzione. Ero fermamente convinto che nessuno, in Messico, avrebbe finanziato un film come Cronos, così ho deciso di provarci da solo. Il problema era che non avevo abbastanza soldi così sono andato dai produttori dicendo loro che sarei stato in grado di dirigere il film e, contemporaneamente, occuparmi degli effetti speciali. In realtà non ero assolutamente sicuro di farcela: però, intanto, è nato Cronos!

Perché hai deciso di esordire con un film di vampiri?

In realtà, allora avevo già scritto la storia di La spina del diavolo, però sarebbe stato un film troppo complicato per un esordio; c’era la rivoluzione messicana, molte creature, uno strano prete e un sacco di bizzarrie. Così ho deciso di scrivere qualcosa di più semplice e sono arrivato a Cronos. Ho pensato che una storia di vampiri potesse funzionare e che l’idea dell’origine del male in un vecchio casato europeo (prima di diffondersi in tutto il mondo) fosse una tesi interessante.

Cronos è stato persino presentato al Festival di Cannes…

Esatto, e ho pure vinto un premio! Per me è stata una vera sorpresa perché ero convinto che con il genere horror non avrei fatto molta impressione a Cannes. Il cinema dell’orrore mi piace perché sono interessato nella costruzione della suspence, nei meccanismi della paura; non mi interessa scioccare il pubblico a tutti i costi. Quello che mi attrae dell’horror sono i mostri e la bellezza delle immagini; è per questo che lo faccio.

Oltre alla passione per i mostri so che sei sempre stato un accanito lettore di fumetti, passione che si evince dalla visione del tuo “Hellboy”…

Sono attratto dalle immagini di tutti i tipi, soprattutto se sono di mostri; penso siano creature meravigliose, di una bellezza altamente erotica. In Messico sono cresciuto in mezzo a pile di fumetti, passavo le domeniche a leggerli avidamente, soprattutto quelli dell’orrore. Un giorno però sono tornato a casa e non li ho più trovati: mia mamma li aveva bruciati perché stavano prendendo troppo spazio. E’ stato uno shock! In Hellboy ho inserito molte esperienze personali e ho lavorato molto con Mignola sulla sceneggiatura: l’unico mio rammarico è non averlo girato nel 1997, cioè quando ho scritto la sceneggiatura, allora sarebbe stato un progetto completamente innovativo.

Toglimi un curiosità: la scena in cui Hellboy, al cimitero, tira fuori dalla tomba il cadavere tranciato a metà, è una citazione diretta da “Il ritorno dei morti viventi”?

Certo che lo è! E’ uno dei miei film preferiti di tutti i tempi e penso che sia ancora attuale. E’ molto divertente, sexy, ha tutto ciò che ci vuole. Ho chiesto a chi ha costruito il “mezzo zombi” di rifare esattamente il dettaglio delle ossa di quello del film di O’Bannon.

Parlami di “Mimic”: è vero che con la Miramax hai avuto parecchi problemi?

Oh, sì, è stata davvero un’esperienza orribile. Però io sono il regista e mi prendo le mie responsabilità: forse avrei dovuto impormi di più e difendere il mio film, ma non ero preparato a certi comportamenti da parte dei produttori. In Messico ci si comporta diversamente, si è più collaborativi; così ho fatto l’errore di essere molto aperto e sincero, ma ne ho pagato il prezzo e ora so come comportarmi. Sai, l’innocenza ti danneggia, mentre la purezza d’animo è sempre una cosa positiva. Mimic non è un brutto film, amo molte sequenze, però mi fa male la consapevolezza che sarebbe potuto essere molto meglio.

Dopo lo strepitoso “Hellboy”, ora stai preparando un sequel, qualche anticipazione?

Il film non è basato, come il primo, su un fumetto esistente; si tratta di una storia che Mignola aveva già intenzione di scrivere e che uscire a fumetti parallelamente al film. Si racconta di un mondo fantastico che è stato distrutto quasi interamente dagli umani e la parte sopravvissuta decide di ribellarsi, ma per farlo hanno bisogno di resuscitare la Golden Army, ovvero l’esercito dei soldati meccanici. Il budget del film è simile al primo, ma stiamo tentando di farlo apparire più grande ed elaborato.

Come ti trovi ad alternare grosse produzioni hollywoodiane con piccoli film semi indipendenti girati in Spagna e Messico?

Hollywood è un grande industria e, oggi, mi sento più a mio ago che ai tempi di Mimic. Penso che, comunque la si pensi, Hellboy sia stato un ottimo risultato, anche perché nessuno al mondo può immaginare quanto sia difficile proporre e realizzare un film da 60 milioni di dollari con Ron Perlman come star principale!

Hai rifiutato tante proposte nella tua carriera?

Moltissime, alcune anche importanti; però non sono per nulla pentito delle mie decisioni. Per esempio ho rifiutato il terzo capitolo di Harry Potter; però prima o poi voglio girarne uno molto dark: il mio desiderio è di uccidere uno di quei ragazzini. Mi diverte l’universo di Harry Potter e i piacciono i libri, che sono molto più tenebrosi rispetto ai film.

Consideri l’horror un genere politico?

Certo che sì. L’horror è sicuramente un parametro perfetto per rendersi conto se una società è fottuta o meno. Ora che la situazione internazionale è turbolenta la gente dice che “l’horror sta tornando”; secondo me l’horror non se n’è mai andato! L’horror fa parte della storia dell’umanità e la paura è sempre presente, in qualche forma. L’horror è sempre stato il più romantico dei movimenti iconoclasti e rivela esattamente lo stato d’animo di qualsiasi era tu possa analizzare. Negli anni 70 il tema era la distruzione della famiglia, delle istituzioni, ma anche l’analisi dell’anima interiore. E’ nella natura umana avere a che fare con le avversità; bisogna accettarlo, non evitare i nostri impulsi oscuri. Ecco perché amo i mostri, perché essi rappresentano la parte oscura di noi stessi, con la quale dovremmo fare pace in modo da evitare le frustrazioni.

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