English
Paolo Zelati

Recensioni

ANTICHRIST

Recensione pubblicata su La Voce di Mantova del 30/5/2009

Ogni Festival ha il suo film scandalo che si rispetti. Recentemente, al Festival di Cannes, questo “onore”è toccato ad Antichrist, l’ultimo lavoro del controverso regista danese Lars Von Trier. Le critiche, da parte di alcuni giornalisti (numerosi i fischi che hanno concluso la proiezione per la stampa) sono state abbastanza feroci e non c’è nulla di cui stupirsi visto che Antichrist, criptico, simbolico, presuntuoso ma anche affascinante, è il film perfetto per far arrabbiare i detrattori di Von Trier. Il film, diviso in capitoli come Le onde del destino, comincia con un prologo in bianco e nero di sei minuti in cui una coppia (Willem Defoe e Charlotte Geinsbourg) si abbandona ad un focoso amplesso mostrato nei dettagli (da qui lo scandalo) mentre il loro figlio piccolo, scende dal lettino, si arrampica sulla finestra e cade di sotto trovando la morte. Un breve flash sul giorno del funerale del piccolo lascia il posto ad una clinica ospedaliera in cui la giovane donna è stata ricoverata, sopraffatta dal dolore, responsabile di qualcosa che si sarebbe potuto evitare. Inizia un lento percorso nelle lunghe fasi del dolore, dallo shock iniziale, passando per il rifiuto e arrivando alla colpa. Subentrano gli attacchi di ansia e l’uomo, psichiatra, decide contro ogni deontologia, di far dimettere la moglie e di prenderla in cura. In maniera eccessivamente razionale l’uomo cerca di sviscerare il dolore che attanaglia la donna, lo analizza, lo studia ed arriva alla conclusione che per superarlo è necessario raggiungere il posto più temuto da lei, l’Eden, un piccolo rifugio di loro proprietà nel quale la donna si era già rifugiata tempo prima per lavorare alla sua tesi di laurea sulla persecuzione delle streghe nel Medioevo. Lentamente e disperatamente la coppia raggiunge questa piccola isola nei boschi, lontano da tutti e da tutto. La scelta non si rivela del tutto saggia e ben presto le paure della donna arrivano ad assalire anche l’uomo e la razionalità ha la peggio di fronte ad un complesso universo femminile, che non è stato creato da Dio, ma da Satana.

Dopo aver giocato con i generi ed aver lanciato Manifesti artistici quali il Dogma (Idioti) e il Fusion (Dogville), il più provocatorio dei registi europei utilizza il genere horror come “contenitore” per una complessa metafora psicanalitica sui crudeli meccanismi che regolano il rapporto di coppia. Ricorrendo a simboli e ad immagini estreme (tipo l’auto-infibulazione della Gainsbourg), Von Trier colpisce allo stomaco mirando, però, alla testa dello spettatore il quale, bisogna dirlo, non sempre riesce a metabolizzare l’intrecciarsi dei tre piani narrativi (rapporto di coppia – elaborazione del lutto – traccia soprannaturale) proposti dall’autore. Antichrist è un film superficialmente irritante e profondamente complesso, esemplificativo dei difetti (mitomania, falsa misoginia, egocentrismo) e dei pregi (potenza visionaria, estrema padronanza della “macchina cinema”, capacità di “toccare i nervi scoperti” e colpire nel vivo) del suo autore e, perciò, non adatto a tutti i palati. Ma il gioco di Von Trier, comunque, vale sempre la candela.

VOTO: 7

© Paolo Zelati - All rights reserved

Credits   |   Privacy Policy